Ladri di biciclette

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    Ladri di biciclette è un film italiano del 1948 di Vittorio De Sica (regia, produzione e sceneggiatura), ritenuto tra le massime espressioni del neorealismo cinematografico italiano.

    Il film, girato con un'ampia partecipazione di attori non professionisti, è basato sul romanzo (1945) di Luigi Bartolini adattato al grande schermo da Cesare Zavattini.

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    Titolo originale Ladri di biciclette
    Paese Italia
    Anno 1948
    Durata 93 min
    Colore B/N
    Audio sonoro
    Genere drammatico
    Regia Vittorio De Sica
    Soggetto Luigi Bartolini e Cesare Zavattini
    Sceneggiatura Cesare Zavattini, Vittorio De Sica, Suso Cecchi d'Amico, Oreste Biancoli, Adolfo Franci, Gerardo Guerrieri e Gherardo Gherardi
    Produttore PDS Produzioni De Sica
    Distribuzione (Italia) ENIC
    Fotografia Carlo Montuori
    Montaggio Eraldo Da Roma
    Musiche Alessandro Cicognini
    Scenografia Antonio Traverso

    CAST:

    * Lamberto Maggiorani: Antonio Ricci
    * Enzo Staiola: Bruno
    * Lianella Carell: Maria
    * Gino Saltamerenda: Baiocco
    * Vittorio Antonucci: Ladro
    * Giulio Chiari: Mendicante
    * Elena Altieri: Signora benefattrice
    * Carlo Jachino: un mendicante
    * Michele Sakara: Segretario
    * Emma Druetti:
    * Fausto Guerzoni Attore amatoriale
    * Memmo Carotenuto
    * Nando Bruno

    PREMI:

    * Premi Oscar 1950: miglior film straniero
    * Golden Globe 1950: miglior film straniero
    * National Board of Review Awards 1949: miglior film, miglior regista
    * British Academy Award per il "miglior film"
    * Nel 1958 il film venne dichiarato come il terzo miglior film di tutti i tempi dopo La corazzata Potëmkin e La febbre dell'oro da una giuria internazionale di critici in occasione dell'Esposizione universale di Bruxelles.

    TRAMA:

    Roma, secondo dopoguerra: Antonio Ricci (Lamberto Maggiorani), un disoccupato, trova lavoro come attacchino comunale. Per lavorare, però, deve possedere una bicicletta e la sua è impegnata al Monte di pietà, per cui la moglie, Maria deve impegnare le lenzuola per riscattarla. Sfortunatamente, proprio il primo giorno di lavoro, la bicicletta gli viene rubata mentre incolla un manifesto cinematografico. Antonio rincorre il ladro, ma inutilmente. Andato a denunciare il furto alla polizia, comprende che le forze dell'ordine non potranno aiutarlo nel ritrovare la bicicletta. Tornato a casa disperato e amareggiato, coinvolge nella ricerca un suo compagno di partito che mobiliterà i suoi colleghi netturbini che all'alba, insieme a lui ed a suo figlio Bruno, che pure così piccolo lavora ad un distributore di benzina, andranno a cercarla a Piazza Vittorio prima e a Porta Portese poi, dove tradizionalmente allora, e dicono anche oggi, andavano a finire le cose rubate.

    Ma non c'è niente da fare, la bicicletta ormai smembrata nelle sue parti non si trova. Per la disperazione Antonio si rivolgerà persino ad una "santona", una sorta di veggente, che accoglie nella sua casa una varia umanità afflitta e disgraziata. Il responso sibillino della santona è quasi una presa giro: «O la trovi subito o non la trovi più».

    A Porta Portese un vecchio barbone viene visto da Antonio insieme al ladro, che subito si dilegua. Anche il vecchio vuole sfuggire a Maggiorani che lo segue sino ad una mensa dei poveri dove dame di carità della pia borghesia romana distribuiscono minestra e funzioni religiose agli affamati. Antonio costringe il barbone a farsi dare il recapito del ladro ma è solo per caso che s'imbatte in lui in un rione malfamato dove tutta la delinquenza locale sostiene il ladro minacciando la vittima del furto. Anche il "buon carabiniere" – figura tipica e popolare dell'uomo giusto e benevolo – chiamato, vista la malaparata per il padre, da Bruno, in mancanza di testimoni, non può fare alcunché per arrestare il ladro.

    Stravolti dalla stanchezza Antonio e Bruno aspettano l'autobus per tornare a casa quando
    SPOILER (click to view)
    il padre vede una bicicletta incustodita che tenterà di rubare ma sarà subito fermato e aggredito dalla folla. Solo il pianto disperato di Bruno, che muove a pietà i presenti, gli eviterà il carcere.

    Il film si chiude sul mesto ritorno, mentre si sta facendo notte a Roma, di Bruno che stringe la mano del padre per consolarlo.


    capolavoro del Neorealismo, corrente che in genere non mi piace molto :oms: sia il padre che il figlio attirano simpatia e compassione fin dall'inizio, e ne seguiamo il destino con partecipazione :sisi:
     
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  2. ch - Aya Shameimaru
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    Mi ero promesso di vederlo.
     
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1 replies since 10/1/2011, 16:21   81 views
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